Due giorni di fuoco

Cisterna, 6 marzo 1945

alle prime luci dell’alba arrivano i mezzi nemici da Canale. Senza trovare alcuna resistenza, occupano il centro del paese.

Dino Tartaglino, nei pressi della Parrocchia di Cisterna, interviene con alcuni uomini per bloccare l’avanzata dei fascisti, ma deve desistere.

Le camicie nere, arrivate sulla piazza della Vittoria, entrano nel ristorante Garibaldi alla ricerca dei “ribelli”. La proprietaria, Matilde Berardi, è obbligata a farli entrare e a offrire loro vitto e alloggio.

Una seconda squadra della Ettore Muti, scesa alla stazione di Villafranca, transita a piedi per bricco Mottura, giunge a Cisterna da Valle Botassa.

Due fascisti distaccati dal gruppo giungono presso le prime case di Verzeglio e bussano alla porta del partigiano “Lice” alla ricerca di cibo.

I fascisti ubriachi, decidono di imboccare la strada per Ronchesio convinti che il nemico sia già stato annientato. A metà strada si scontrano con Dino Tartaglino che li fredda entrambi. Il più giovane dei due era un ex partigiano compagno d’armi di Dino in montagna all’inizio della Resistenza.

La terza squadra della Ather Capelli si impantana con i mezzi in prossimità del crocevia della frazione Valmellana.
fascisti rubano nelle case e prendono cinque giovani come ostaggi. Sono: Angelo e Vincenzo Rolfo, Federico Ferrero, Giovanni Cerchio e Nino uno sfollato di Torino di origine ebrea. Li minacciano di ritorsioni se non si raggiunge un accordo con i partigiani.

Intanto i combattimenti fra fascisti e partigiani continuano aspramente.

Nelle prime ore del pomeriggio alcune donne avvisano i partigiani che i fascisti, durante il rastrellamento mattutino, hanno catturato 5 giovani di Valmellana.

“Lice” propone a un piccolo gruppo di partigiani di scendere all’attacco per liberare gli ostaggi. La spedizione è formata da: Dino Tartaglino, Giovanni Rolfo “Vanni”, Vincenzo Bellero “Nini”, Natale Monticone “Maginin”, Felice Cerchio “Lice”, spalleggiati da una seconda squadra capeggiata da Luigi Remondino e Mario Gatto.

remondino

Luigi Remondino

Durante lo scontro a fuoco, nei pressi del crocevia di Valmellana, Luigi Remondino fredda sul camion il seniore Alfredo Maetroni, comandante della Ather Capelli, e nel combattimento perisce anche l’ausiliaria ventenne Maria Comotto.

Testimoni affermano che l’azione si conclude con l’uccisione di diciassette fascisti e la presa in consegna di una quindicina di prigionieri.

Solo al termine di questa tragica giornata i partigiani apprendono la notizia dell’uccisione del giovane Rino Rossino.

Martedì 6 marzo si conclude con la completa disfatta da parte fascista.

7 marzo 1945

La mattina successiva i fascisti, tramite l’intervento di Don Luigi Rossanino, parroco di Valle San Matteo, ottengono una tregua per poter recuperare i propri morti e soccorrere i feriti.

Le ritorsioni dei fascisti non si fanno attendere. Sono rivolte verso le abitazioni di Cisterna in particolare quelle di Olivetti in Lame, del Turot in Mommiano, di Bodda e del Bernardin in Lemonte.

Arrivano i rinforzi. Soldati e carri armati avanzano verso Valmellana e salgono fino a Ronchesio.

I partigiani sono a corto di munizioni e non hanno armi adatte a far fronte all’impatto di un carro armato.

La rabbia delle camicie nere si sfoga sugli abitanti e sulle case di Valmellana, Verzeglio e Ronchesio.

Il parroco di Cisterna, don Nicola Cozzo, manda una staffetta ad avvertire la popolazione di Verzeglio che i fascisti vogliono bruciare le case. La gente scappa nelle vigne o a casa di parenti.

Anche la chiesa di Valmellana viene depredata e la sacrestia incendiata.

Solo alla sera, “Otello” ordina di abbandonare le postazioni e di ritirarsi. Prima al Bricco Gallo e a Valperosa, poi a San Martino Alfieri, in attesa di un lancio da parte degli alleati.

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