L’uccisione di Antonio e Guglielmo

La lapide situata in frazione San Bernardo di Monteu Roero ricorda Antonio Mottura e Guglielmo Gallarato, barbaramente uccisi dopo essere stati prelevati dalle carceri di Savigliano.

Su provenienza, identità e appartenenza del Gallarato le fonti sono discordi, le informazioni assenti. “Morgan” lo inserisce come partigiano, fonti orali sostengono il contrario, presso l’Archivio di Istoreto non compare.

Antonio Mottura detto “Lucertola” nasce a Cardé nel 1924 e milita nelle formazioni garibaldine. Il giovane viene arrestato nel suo paese natale l’11 agosto 1944 ed è fucilato a San Bernardo di Monteu Roero il 31 agosto.

Testimonianza di Giovanni Capellino pubblicata da Piero Strobino sul Corriere di Saluzzo del 21 ottobre 1991:

«A quei tempi per noi giovani di leva non c’erano alternative: o si andava militari, oppure si sceglieva la lotta partigiana, anche perché chi non voleva partire soldato veniva ugualmente arrestato e deportato. Quindi, dopo l’8 settembre del ’43, inizio della guerra di liberazione, noi giovani cardettesi, seguendo il nostro ideale di libertà, sentimmo il dovere di partecipare a questa lotta ed entrammo nelle formazioni partigiane nel giugno del ’44. L’undici agosto delle stesso anno, a Cardé ci fu un grande rastrellamento, in quanto i fascisti della X Mas erano venuti in possesso di documenti nei quali figuravano anche i nostri nomi. Mia madre, attorno alle 4,30 – 5 del mattino, sentì del movimento in paese e capì immediatamente di cosa si trattasse. Allora mi svegliò ed io riuscii a fuggire […]. Attorno alle 9 sentii la voce di mia sorella che mi implorava di ritornare perché, altrimenti, avrebbero fucilato nostro padre. Non avevo scelta; così mi recai in paese presentandomi al cospetto dei fascisti e qui trovai due miei compagni: Aldo Chiarofonte e Antonio Mottura. Da quel momento ebbe inizio il mio calvario. Dopo aver subito percosse, umiliazioni e paura (ci sparavano, sghignazzando, da un metro coi mitra facendoci sibilare le pallottole fra i capelli), verso le 11 il rastrellamento finì con la deportazione immediata in Germania di 21 giovani renitenti di leva, mentre noi fummo trasportati in carcere a Savigliano dove subimmo torture di ogni tipo, di giorno, di notte, quando capitava, a piacere dei nostri aguzzini (mi ricordo di un tenente il quale, tutte le volte che passavamo sotto le sue finestre, ci sputava addosso dileggiandoci).
Dopo alcuni giorni venni a sapere della fucilazione di Antonio Mottura, avvenuta a San Bernardo di Monteu Roero. […]».

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