L’arroganza è fascista. Lapide di Coscia, Gai e Maglione

Ritornando nella principale Via Roma, il muro che cinge l’attuale Enoteca ci racconta un episodio del 25 novembre 1944.

Il Gruppo Canale è ora 23a Brigata. con l’ingresso di altre bande di Magliano Alfieri (Giuseppe Scanavino), Santo Stefano Roero (Locatelli Luigi “Dante”) e Vezza D’alba (fratelli Sola), conta di oltre 120 unità.

Capitanata da Cordero Francesco “Ceka” è stata tra le prime ad entrare in Alba in ottobre e tra le ultime a lasciarla nel novembre. Il proclama Alexander crea un certo disorientamento e impone lo sbandamento. Ed ha buon gioco la vendetta personale e l’ennesimo abuso di potere fascista.

E’ sera, nel bar di Censin ‘dla Quaia alcuni partigiani chiacchierano altri in Borgo Santa Croce stanno festeggiando Santa Caterina.

Numerosi fascisti in borghese provenienti da Alba si recano a casa di Francesco Coscia, classe 1893. Un’unica colpa: essere sposato con l’amante del Comandante Gagliardi, il “terrore di Alba”. Impiccato, viene “finito” a fucilate.

Sentiti gli spari, due partigiani di “Gino” (Gino Cattaneo, comandante della Divisione Matteotti “Renzo Cattaneo”), nei pressi per caso, rispondono incautamente al fuoco e ne vengono sommersi: Vincenzo Gai “Enzo”, Maglione Pasquale “Garofolo”, 17 e 23 anni.

“Così han fatto un piccolo rastrellamento nei bar, 4 sono stati presi: han potuto disfarsi delle rivoltelle tramite della signorina Maddalena, che ha avuto il tempo di nasconderle”. […] Hanno prelevato Marolo Secondo, il Marchisio “Giuspot”, il Cavallo Antonio e Abbà Clemente”. L’episodio si conclude con uno scambio, mediatore il viceparroco don Carlo Cavallotto, sacerdote fedele all’esempio di Monsignor Grassi.

La “Renzo Cattaneo” perde infine a Canale il 27 di agosto Piero “Rino” Bertone, in località Valpone. Aveva 20 anni, la sua lapide recita: “La gloria di chi cadde in cammino sia di esempio a chi resta a lottare “.

 

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